Patrizia Speroni
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La morte di Amy Winehouse: l’epilogo di una vita tormentata


Amy era esuberante, inquieta e ribelle. Così gli amici ricordano Amy Jade Winehouse.

Era adolescente, ma dello studio non ne voleva proprio sapere. Amava la musica, quella era la sua strada. Fonda una band e canta più che può. All’inizio è musica rap, ma va bene comunque, purché sia musica.

Non ancora maggiorenne, è già pronta per fare il grande salto: entrare nel mondo della musica come professionista. Grazie a Simon Fuller ottiene un contratto con la Island Records e nel 2003 esce con l’album “Frank”. Immediatamente gli addetti ai lavori si accorgono di lei. Da dove arriva quella “bianca” con una voce tanto “nera”? Ci si chiede come possa una cantante così giovane avere una maturità vocale così importante. Non ci sono dubbi, si tratta di un vero talento.

Più il gradimento sale e la sua capacità interpretativa tende ad essere così fortemente caratterizzata da non poter essere affiancata o equiparata ad altri modelli, più cresce l’insoddisfazione dell’artista. Amy vorrebbe un prodotto discografico più genuino e meno lavorato in studio. Arriva un lungo periodo di riflessione per decidere che svolta dare al suo modo di lavorare, mentre, parallelamente, la depressione e il ricorso all’alcol incrementano l’inquietudine di vivere.

Nel 2006 viene pubblicato l’album “Back To Black”, lanciato dal singolo “Rehab”. La scalata delle classifiche inglesi è vertiginosa. Si parla di fenomeno. Si assiste alla palese affermazione di una donna:  successo, crescita inarrestabile di notorietà. Amy fa proprio ciò che aveva da sempre voluto fare: la cantante.

Forse questo non le bastava, anzi non le è bastato affatto perché si è persa, consumandosi prima nel fisico e poi nella capacità di stare su un palco e di cantare. Artisticamente aveva tutte le doti necessarie: talento, voce, determinazione, capacità di scrittura, originalità interpretativa, ma non era felice.

L’hanno trovata oggi, 23 luglio 2011, priva di vita, nel suo appartamento londinese. La macchina investigativa non impiegherà molto tempo a spiegarci le ragioni per cui è morta, a soli 27 anni. Quello che faremo più fatica a capire è perché si è arresa e non ha voluto farcela.

Alla luce di quanto accaduto, risultano ancora più significative le parole della canzone “Rehab“:

“I don’t ever wanna drink again
I just ooh I just need a friend
I’m not gonna spend ten weeks
have everyone think I’m on the mend
It’s not just my pride
It’s just these tears have dried…”

“Non voglio bere mai più
ho solo bisogno di un amico
non resterò qui dieci settimane
mentre tutti pensano che io stia guarendo
non è solo per una questione di orgoglio
è solo per queste lacrime che ho buttato…”

 

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