Salgo sul treno, stanca per il troppo camminare. Il caos milanese non fa per me. Sprofondo nel sedile con in mente solo il momento in cui sarò di nuovo a casa, dopo aver chiuso il mondo fuori.
Conosco troppo bene il paesaggio fuori dai finestrini. Era l’usuale conto alla rovescia che mi separava dalla paura dell’esame all’università ed era lo stesso conto di case, finestre, terrazzi e giardini che sfilavano davanti ai miei occhi ad ogni ritorno.
Appoggio la testa al sedile, tengo gli occhiali da sole. Amo guardare – non vista – gli altri e amo ascoltare.
Due signori, seduti l’uno di fronte all’altro, parlano di faccende private. Le loro dinamiche familiari non sono particolarmente interessanti. Scopro che sono due poliziotti e che si sono concessi un giorno di libertà.
Uno dei due inizia a raccontare di aver letto un libro straordinario: “Io uccido” di Giorgio Faletti. Elogia la trama, definisce straordinario lo stile.
Mi chiedo se Vito Catozzo, che chiamava le tette “roberti”, sia davvero capace di una scrittura così brillante ed intrigante come quel poliziotto insistentemente ripeteva.
Spero che non racconti il finale. Prego che la mia fermata arrivi prima di scoprire il colpevole. Benedetto fu quel treno che arrivò puntuale.
Scendo, ed il mio passo è reso più veloce dal desiderio di procurarmi il libro. Prima libreria: esaurito! Seconda libreria: esaurito! Comincio a provare l’ansia tipica di chi vuole qualcosa subito e tutto sembra congiurare per impedirglielo.
Varese è piena di librerie. C’è n’è una appena fuori dal centro. Trovo il proprietario che passeggia tra le sue creature, quei libri che conosce molto bene, perché li ha letti tutti.
Voglio, fortissimamente voglio quel romanzo. Ne è rimasta una sola copia, in edizione economica. Mi va bene anche l’economica, pur di averlo!
Mi colpisce il modo in cui “il libraio” me lo consegna: una mano sulla copertina e l’altra che sorregge il volume. “Lo legga, le piacerà. È un bel libro, scrive bene”.
È uno di quei libri che posso dire di avere divorato. Se è vero che Giorgio Faletti faceva ridere, è altrettanto vero che ora fa leggere.
Un susseguirsi di delitti rompe l’apparente tranquillità di un’estate monegasca. Un disc-jockey – Jean Loup Verdier – è la voce della notte della radio del Principato, che apre i telefoni a chi non può dormire. Non dorme chi la notte lavora; non chiude occhio chi la notte uccide.
“Io uccido”, dichiara il serial killer per radio, quella radio attorno a cui inizierà presto a ruotare la macchina investigativa che avrà, come protagonista assoluto, il detective Frank Ottobre.
La narrazione, in terza persona, si sviluppa abilmente attraverso i 64 capitoli del romanzo. Il linguaggio attuale, incisivo, a tratti crudo, riesce a suscitare la curiosità e a motivare la lettura.
Poco importa se l’identità del colpevole viene rivelata a ben 18 capitoli dalla fine! Il desiderio di leggere è sempre forte.
Tecnica narrativa efficace per un narratore che, entrando nell’animo inquieto dei suoi personaggi, scava nella personalità ed indaga sensazioni e motivazioni.
Una trama non ovvia, ben sviluppata, con un uso sapiente del linguaggio. Giorgio Faletti sa scrivere, lo fa bene e convince.
“Io uccido” – Giorgio Faletti – Baldini Castoldi Dalai Editore.
Credits: fotografia di Paola Malfatto
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